Papa Giovanni XXIII
PAPA GIOVANNI XXIII E IL CONCILIO VATICANO II
Di nome Angelo
Giuseppe Roncalli, nato nel 1881 da una famiglia contadina di
Sotto il Monte, un piccolo villaggio situato tra Lecco e Bergamo,
studiò al Collegio vescovile di Celana e al Seminario di Bergamo.
Successivamente conseguì la laurea in teologia e venne nominato
sacerdote. Presto ebbe inizio una rapida carriera che lo portò ai
più alti gradi della gerarchia ecclesiastica. Fu per 10 anni
segretario del vescovo di Bergamo, Radini Tedeschi, quindi passò a
Roma come direttore dell'Opera della Propaganda della Fede (1921).
Per tale carica viaggiò in Italia e in Europa partecipando a
congressi internazionali e a congegni diocesani. Nel 1925 venne
nominato arcivescovo e inviato come visitatore apostolico a Sofia,
in Bulgaria, dove rimase 10 anni. Nel 1934 diveniva delegato
apostolico per la Turchia e la Grecia, nel 1944 nunzio apostolico
a Parigi. Nel 1953 era nominato cardinale e patriarca di Venezia e
nell'ottobre del 1958 succedeva a papa Pio XII. Negli anni del suo
pontificato G. cercò di guadagnare alla chiesa le simpatie delle
correnti laiche, aprendo in vari modi possibilità di un colloquio.
In campo internazionale si adoperò per la pace. Il 25 giugno 1959
annunziò la sua volontà di indire un Concilio ecumenico preceduto
da un Sinodo per la provincia di Roma. Nello stesso anno pubblicò
l'enciclica Ad Petri Cathedram, seguita, tra le altre, dalle
encicliche Mater et Magistra (1961) e Pacem in terris (1963). Nel
1962 la rivista americana «Time» lo proclamava «uomo dell'anno» e
nel 1963 gli veniva dato il premio Balzan per la pace. Morì il 3
giugno 1963 dopo una lunga agonia.
Nella Enciclica
Mater et magistra del 1961 papa Giovanni XXIII così
sentetizzò il nuovo pensiero della Chiesa sul contrasto tra
lavoratori e capitalisti: “la retribuzione del lavoro non può
essere interamente abbandonata alle leggi di mercato” e i
lavoratori devono essere posti nelle condizioni di “giungere a
partecipare alle proprietà delle imprese stessee”.Queste
affermazioni contrastavano con il sistema di produzione
capitalistico e con la legge del libero mercato su cui si fondava.
Anche il suo
successore, Paolo VI, con l’Enciclica Pacem in terris
nel 1967 intervenne su un altro problema fondamentale: la
proprietà privata. Essa restava un “diritto naturale” ma non
costituiva “un diritto incondizionato e assoluto”. Se i beni
privati diventavano un ostacolo per l’utilità collettiva si poteva
procedere alla loro espropriazione. Non si poteva infatti
considerare “il profitto come motore essenziale del progresso
economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia, la
proprietà dei mezzi di ripoduzione come un diritto assoluto, senza
limiti né obblighi sociali corrispondenti”.
Erano da
condannare quindi gli abusi del capitalismo e l’economia deveva
porsi al servizio dell’uomo.
Molte di queste
idee erano già state espresse dai movimenti socialisti nel corso
del Novecento, ma essi per raggiungere tali obbiettivi erano
ricorsi a mezzi rivoluzionari non approvati dalla Chiesa.
Proprio per
questo motivo non tutte le speranze suscitate nel mondo cattolico
dal Concilio Vaticano II si realizzarono.
Mentre in Italia
l’apertura della Chiesa fece nascere movimenti cattolici impegnati
nelle lotte sociali, nei Paesi dell’America Latina alcuni
movimenti di liberazione che si opponevano con la forza alle
dittature militari furono condannati. Essi infatti proponevano una
teologia della liberazione dalla dittatura che in nome del
Cristianesimo ricorreva anche all’insurrezione armata.
Nel corso degli
anni Ottanta è stato Papa Giovanni Paolo II che si è fatto
portavoce di questa condanna in più occasioni, creando dissidi con
la Chiesa latino-americana.
I risultati del
Concilio Vaticano II tuttavia rinnovarono profondamente la Chiesa.
Nella liturgia fu introdotta la Messa nella lingua di ogni nazione
e il Collegio dei vescovi acquistò maggior peso nei confronti del
papa e della curia romana. Dei 2500 cardinali partecipanti al
Concilio più del 50% erano rappresentanti del mondo
sottosviluppato, a testimonianza del fatto che la Chiesa intendeva
farsi carico dei gravi problemi del terzo mondo.
La gioia è amore, la
conseguenza logica
di un cuore ardente d'amore.
La gioia è una necessità
e una forza fisica.
la nostra lampada arderà
dei sacrifici fatti con amore
se siamo pieni di gioia.
Non cercate Gesu' in
terre lontane:
Lui non è là.
E' vicino a voi.
E' con voi.
Basta che teniate il lume acceso
e Lo vedrete sempre.
Continuate a riempire il lume
con piccole gocce d'amore
e vedrete quanto è dolce
il Dio che amate.
Quello che facciamo
è soltanto una goccia nell'oceano.
ma se non ci fosse quella goccia
all'oceano mancherebbe
Fate che chiunque venga
a voi se ne vada
sentendosi meglio e più felice.
Tutti devono vedere la bontà del vostro viso,
nei vostri occhi, nel vostro sorriso.
La gioia traspare dagli occhi,
si manifesta quando parliamo e camminiamo.
Non puo' essere racchiusa dentro di noi. Trabocca.
La gioia è molto contagiosa.
Abbiamo bisogno di
trovare Dio,
ma non possiamo di certo trovarLo
nel rumore e nell'inquietudine.
Dio è amico del silenzio.
Osservate come la natura
- gli alberi, i fiori, e l'erba -
cresce in silenzio.
Osservate le stelle, la luna e il sole,
come si muovono in silenzio.
Più riceviamo in silenziosa preghiera,
più riusciamo a dare
con le nostre azioni.
Sappiamo che se
vogliamo amare veramente,
dobbiamo imparare a perdonare.
Perdonate e chiedete di essere perdonati;
scusate invece di accusare.
La riconciliazione avviene
per prima cosa in noi stessi,
non con gli altri.
Inizia da un cuore puro.
Oggi la gente è
affamata d'amore,
e l'amore è la sola risposta
alla solitudine e alla grande povertà.
In alcuni paesi non c'è fame di pane,
la gente soffre invece di terribile solitudine,
terribile disperazione, terribile odio,
perché si sente indesiderata,
derelitta e senza speranza.
ha dimenticato come si fa a sorridere.
ha dimenticato la bellezza del tocco umano.
ha dimenticato cos'è l'amore degli uomini.
Ha bisogno di qualcuno che
la capisca e la rispetti.
Le Preghiere di Madre Teresa
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